Siamo tutti oggetto di manipolazione e disinformazione organizzata. Le
notizie sono semplici fatti, sta a chi informa diffonderle o
manipolarle. La narcolessia mediatica è proprio quella che ci
propina chi oscura e manipola il mondo dell'informazione.
Cercare di uscire da questo sistema perverso è dovere
di qualsiasi essere pensante.
La dedica della settimana
Questo spazio è ormai diventato una dedica alla memoria di eroi, figure entrate nella nostra storia e purtroppo perdute da uno stato che, volutamente con la esse minuscola, non le ha mai meritate.
Avevo già parlato di alcuni di loro, vittime della mafia o del terrorismo ne La Dedica della settimana n.5 a Peppino Impastato, Aldo Moro e a tutte le vittime della criminalità.
Questa settimana ricordo una data che è una ferita.
Questo è il giorno in cui ammazzarono un uomo giusto. Questo è il giorno in cui ammazzarono Giovanni Falcone e la dedica della settimana n.7 non poteva che essere rivolta alla sua memoria e a quella di chi morì con lui.
In un Paese che ha bisogno di vedere il sangue e odorare polvere da sparo per poter accorgersi degli eroi, non bastano mille lacrime vuote per poter piangere un vero uomo delle istituzioni, prima combattuto e poi isolato.
Un eroe morto di mafia di stato, perché per citare lo stesso giudice.
In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.
Per Giovanni Falcone.
La mafia sbanda,
la mafia scolora
la mafia scommette,
la mafia giura
che l'esistenza non esiste,
che la cultura non c'è,
che l'uomo non è amico dell'uomo.
La mafia è il cavallo nero
dell'apocalisse che porta in sella
un relitto mortale,
la mafia accusa i suoi morti.
La mafia li commemora
con ciclopici funerali:
così è stato per te, Giovanni,
trasportato a braccia da quelli
che ti avevano ucciso.
Alda Merini
la mafia scolora
la mafia scommette,
la mafia giura
che l'esistenza non esiste,
che la cultura non c'è,
che l'uomo non è amico dell'uomo.
La mafia è il cavallo nero
dell'apocalisse che porta in sella
un relitto mortale,
la mafia accusa i suoi morti.
La mafia li commemora
con ciclopici funerali:
così è stato per te, Giovanni,
trasportato a braccia da quelli
che ti avevano ucciso.
Per gli eventi eclatanti, ricordi belli o momenti più brutti della propria vita, si tende sempre a ricordare il luogo in cui ci si trovava in quel momento e con chi.
Per esempio, ricordandone alcuni, mi viene in mente l'11 settembre 2001 e il momento in cui gli aerei si infrangevano sulle torri gemelle, mentre a casa arrivava la chiamata della polizia per il ritrovamento dell'auto che ci avevano rubato settimane prima. Guardavo incredulo quegli aerei mentre aspettavo tornasse mio zio con l'auto ritrovata.
Oppure nel 2006 per i mondiali vinti ricordo la festa con gli amici in giro per Napoli, per una vittoria attesa tanto a lungo e una notte davvero sfrenata in cui ci si sentiva tutti, solo per una notte, campioni del mondo. Quell'anno fu poi segnato da tanti tragici avvenimenti che non posso dimenticare e che restano nella mente e nel cuore.
Succede sempre così per quegli eventi che si ritengono importanti, quelli che restano impressi nella memoria e nella storia di ognuno di noi. Quegli attimi non vanno via, per quanto si possa essere smemorati.
L'importanza della memoria ritorna sempre in questo blog come elemento centrale per ricostruire le basi di questo Paese. Si sa, siamo vittime croniche di perdita di memoria storica e commettiamo sempre gli stessi errori. Sbagli che poi piangiamo col sangue, di chi, da eroe civile, ha pagato il proprio coraggio con la vita.
Eroi
Quel pomeriggio del 23 maggio del 1992 non posso proprio dimenticarlo, nonostante la mia poca memoria. A 9 anni ero ancora un bambino con altro per la testa, come è giusto per chi deve vivere anni di spensieratezza, però, il momento in cui si diffuse la notizia che il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, i poliziotti della scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro erano stati uccisi in un attentato esplosivo sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri da Palermo, lo ricordo benissimo.
Ricordi in frantumi
Vivida davanti a me, ricordo quella paura che mi assalì in quel momento davanti alle immagini del tg1 che mostravano quel cumulo di macerie e lamiere e le tracce di un enorme distruzione. In quel momento ebbi la prima evidenza di cosa fosse davvero la mafia e di quanto male poteva fare. Ricordo le tante domande che ponevo a mia madre e a mia nonna, a cui in quel momento non sapevano trovare risposte, anch'esse inebetite da quelle immagini a cui non volevano credere.
Eccellenze italiane
Non più solo un luogo
Quell'insegna non sarà più solo un indicazione di un'uscita autostradale e quel luogo non sarà più solo un semplice Paese alle porte di Palermo. Capaci è ormai una cicatrice indelebile dello Stato e una ferita tutt'ora aperta, perché segno evidente una responsabilità che non bisogna ricercare solo nelle cosche mafiose. Da quel momento iniziò la forzatura nei confronti dello Stato e probabilmente entrava nel vivo la fase calda della trattativa tra stato e mafia, che sarebbe culminata con l'attentato a Borsellino e le stragi del 1993 di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993) e di via Palestro a Milano (27 luglio 1993) con la morte di tante vittime innocenti. Quell'annus orribilis vide cader vittima del fuoco mafioso anche don Pino Puglisi, ammazzato nel settembre del 1993 nel quartiere Brancaccio di Palermo.
Le idee sono più forti delle bombe
Oggi quasi in corrispondenza della freccia dell'uscita di Capaci c'è il monumento commemorativo in ricordo delle vittime della strage. In Italia sono tutti bravi a salire sul carro della commemorazione e a celebrare le gesta degli eroi, cancellando il passato. Invece, chi ha memoria ricorda sempre che la battaglia di Falcone e dei colleghi del pool fu stata una battaglia piena di difficoltà e di dure opposizioni. Falcone in primis subì grandi batoste da quella politica, che negli anni postumi lo ha celebrato, mentre in vita lo bersagliava di attacchi personali e professionali con il solito opportunismo di facciata, come per esempio le illazioni dopo l'attentato all'Addaura.
Vedere quelle istitizioni oggi a celebrare quel giudice che per anni è stato isolato, lascia molto sconforto. Per fortuna c'è la memoria della gente comune.
Vedere quelle istitizioni oggi a celebrare quel giudice che per anni è stato isolato, lascia molto sconforto. Per fortuna c'è la memoria della gente comune.
In quell'angolo, infatti, bisogna tener vivo il ricordo degli insegnamenti del giudice e quella colonna deve diventare il pilastro della coscienza civica, perché la lotta alla criminalità organizzata è ancora dura.
Come diceva Falcone la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
Quella fine che è ancora lontana dal venire perché lo sta dimostrando, essa è sì un fenomeno storico ma riesce anche ad adattarsi ai cambiamento dei tempi e della società. Si inserisce nella mentalità e nella cultura.
Solo attraverso una battaglia culturale potrà essere sradicata.
Solo attraverso una battaglia culturale potrà essere sradicata.
In memoria di tutte le vittime della mafia.
Complimenti Daniele per la delicatezza con cui hai affrontato questo argomento...la memoria di un bambino che si trasforma in un insegnamento per i grandi: la cultura è lotta.
RispondiEliminaGrazie Paola, gentilissima come sempre..
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