mercoledì 28 gennaio 2015

Da Tsipras a Podemos alla ricerca di una soluzione di sinistra alla crisi europea

Una chiave di lettura della vittoria di Tsipras oltre ogni paura ideologica



Le elezioni greche hanno dominato sui social network e in televisione accentrando l'attenzione di tutti come mai era stato per il Paese ellenico sempre un po' ai margini dell'Europa se non per paragoni di crisi e difficoltà economiche.

La netta vittoria di Syriza e di Tsipras in prima persona, a un passo dellla maggioranza assoluta, rappresenta un forte messaggio e una netta inversione di tendenza rispetto al passato.

Quanto conta la politica e quanto i singoli governi nazionali possono influire nell'equilibrio economico di un Paese? Nell'ultimo periodo è sembrato sempre meno a causa delle stringenti misure europee e per la politica comune che ha tolto quasi tutta l'autonomia ai governi locali.

Il programma di Tsipras appare un'inversione di tendenza.

Miraggio di una sinistra vincente
















Diciamola tutta, qui in Italia non siamo abituati a una sinistra così vincente, infatti, mel nostro Paese anche nei periodi di più forte crisi del berlusconismo, i sedicenti partiti di sinistra sono sempre riusciti a ottenere al massimo una vittoria risicata, con margini di governo minimi.


Vedere Syriza vincere nettamente le elezioni stranisce l'elettore di sinistra italiano perché abituato a perdere.
In ogni caso, anche se per soli due seggi, Tsipras è stato costretto a ricercare alleanze e, in pieno spirito di sinistra, è riuscito ad allearsi solo con la destra anti euro.

Un piccolo patto del Partenone per poter governare (perdonatemi la trasfigurazione semplicistica in chiave greca del Partto del nazareno).

Oltre alle politiche di revisione dei patti con l'Ue non si sa cosa possano avere in comune i fuoriusciti dalla Nuova democrazia con il partito di Tsipras eccetto l'avversione alle politiche della Troika, ma vale la pena provarci visto anche il netto risultato raggiunto.

Prospettive per l'Italia















Il primo grande successo di un partito di sinistra senza la parola centro e ci dice che:

 Allora sinistra non è solo sinonimo di sconfitta?

Questo messaggio più importante in Italia in cui i partiti maggiori si mescolano tra loro, differenziandosi solo per leader più o meno odiati e di sinistra non c'è più niente.
Se la destra radicale mantiene comunque una propria identità anche se sbiadita tra Meloni e il verde della Lega, la sinistra italiana non è mai riuscita a darsi una leadership credibile scomparendo praticamente dal Parlamento.

Si è arriviati quindi al paradosso renziano che ha trasformato il PD nel maggior partito di governo europeo ma che di sinistra ha ben poco.

Per molti questo è un bene.

Di contro si è affermata una forte presenza anti sistema e radicale che,  da un lato continua a non essere presente in Parlamento, dall'altro si è diffusa prima in rete e poi nelle piazze e con il Movimento cinque stelle di Beppe Grillo.
La spinta propulsiva al cambiamento dei cinque stelle si sta perdendo però nell'eccessiva dipendenza alla figura del leader e nel formalismo fine a se stesso in quelle regole che ne stanno bloccando la crescita.
Se Tsipras governa anche per l'alleanza con gli Indipendenti greci, i Cinque stelle non avrebbero mai accettato un compromesso del genere e questo nel contesto italiano potrebbe essere un grande limite più che una forza.

Invece, mi chiedo quanto può essere positiva l'esclusione continua di un elettorato radicale dal Parlamento e  se siano effettivamente finite quelle ideologie che guidavano (almeno nei fatti) i programmi politici o se sia effettivamente arrivata l'ora del pragmatismo ideologico e la definitiva fine  delle vecchie correnti politiche.

L'alternativa greca alla crisi europea


















Poi arriva Tsipras e la sua capacità di riuscire a incanalare buona parte delle spinte radicali e antisistema in una straripante vittoria.

Per capirci, non bisogna intendere la vittoria di Syriza come l'inizio della rivoluzione anticapitalista e che la Grecia sia diventata di sinistra tutto ad un tratto.

L'Europa in salsa tedesca ha scatenato questo meccanismo che la metterà duramente alla prova.

La vittoria di Tsipras deriva proprio da quell'insofferenza dei greci a sopportare altri sacrifici causati  da una classe dirigente politica che li ha completamente svenduti alla Troika portandoli allo sbando.

Una volta arrivata la grande vittoria politica ora per Tsipras si tratterà di governare e qui viene il bello.

Tra debiti e crisi















Il programma è affascinante e pericoloso nello stesso tempo.

Per l'Europa, la Grecia potrà rappresentare un grande laboratorio politico per trovare una via alternativa alla crisi, una via che sia distante dalle solite misure della Troika volte a tagliare e soffocare in nome dell'austerity che in tempi di crisi non può che rivelarsi il solito boomerang.

Mettere in discussione la permanenza nella Ue non ha senso soprattutto perché il trattato di Maastricht non ha una procedura di uscita dall'Unione.

Più che scappare da Bruxelles con la borsa vuota la Grecia dovrà cercare di essere una visione alternativa per fuoriuscire dalla crisi e la vittoria di Tsipras.


Ritrovare cioè una via d'uscita che non sia solo finanziaria ma sia anche sociale e che metta al centro per una volta le persone e non solo la finanza e le banche.

Tsipras potrà essere un trampolino di lancio anche per Podemos in Spagna e di Sinn Féin in Irlanda.

Una cosa di sinistra insomma

 
















Forse questo significa essere di sinistra in questi tempi di dominio della finanza e delle regole di austerity assunte come dogma dall'Europa di Berlino.
Quello che la sinistra italiana ha dimenticato cercando l'imitazione di un modello che invece storicamente dovrebbe sempre combattere.

I maggiori creditori della Grecia (Germania e Italia in primis) già tremano e proprio il neo ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha tracciato la linea d'azione.

Indipendentemente da quello che chiedono i creditori il nostro Stato deve poter vivere con i soli propri mezzi, in un prossimo futuro. Siamo pronti a condurre una vita austera, cosa che è ben diversa dall’austerità.


In che verso va l'Europa 

 












Il bivio in cui ci si trova l'Europa è fondamentale perché proprio quando la Bce ha approvato il Quantitative easing è arrivata la Grecia a far saltare il banco. Per molti economisti non mantenere gli impegni presi per le misure di ristrutturazione del debito significherebbe far saltare tutta la rete di salvataggio creata negli ultimi anni e causare una crisi quasi irreversibile del sistema europeo.

Le sorti europee saranno in gioco di nuovo a maggio, con le elezioni generali in Gran Bretagna in cui il movimento anti Europa di Nigel Farage punta a fare man bassa di seggi e ad accelerare l'uscita della Gran Bretagna dell'Unione europea.
La cosa sarà comunque verificata da Camerone in caso ri rielezione con un referendum nel 2017.

A dicembre, invece ci saranno le elezioni in Spagna,  con gli  indignati di Podemos di Pablo Iglesias, a guidare il maggior partito di sinistra contro il governo conservatore di Mariano Rajoy.  Una vittoria di Iglesias segnerebbe un asse importante con Tsipras e darebbe un duro colpo al modello tedesco dell'Europa dell'austerità. 

Fra queste belle premesse c'è l'Italia in cui il Parlamento sta votando legge elettorale e presto avrà un  nuovo Presidente della Repubblica. 

Probabilmente dopo le elezioni spagnole quelle del nostro Paese saranno l'ago della bilancia che decideranno da che lato far pendere l'equilibrio in Europa.

Sempre se che si possa contare qualcosa e sempre che il sud dell'Europa ci sia ancora.


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