domenica 13 luglio 2014

Senza quarto potere


Cosa raccontano i giornali italiani in questo periodo? Se fate un breve riepilogo di ciò che è presente sui media nazionali vedrete che le notizie che si rincorrono sono sempre le stesse. Quanto vale ancora il giornalismo italiano? Quanto coraggio c'è di osare e andare oltre quella che è la semplice apparenza dei fatti. Oltre il semplice slogan o il partito preso?
La stampa nazionale si comporta ormai più come un ufficio stampa che un esponente del quarto potere. Sarà banale dirlo ma in realtà non lo è perché sta diventando un metodo di agire universale.
Si vede tutti i giorni,  in tv, sulla vecchia carta stampata e in rete.
A fare notizia non sono più le notizie ma sono gli ascolti, sono i clic, i mi piace, i retweet, le condivisioni. Bisogna essere presenti, in ogni luogo, sempre e comunque. Indipendentemente da quello che si dice.
"È incredibile quello che sta succedendo clicca qui!" "Non ci si crede l'ha fatto davvero! Ecco cosa..."  È la pubblicità a farla da padrona e nessun giornale può farne a meno. La pubblicità si acquista solo con le visioni, i commenti le condivisioni, le interazioni e i clic. Internet e  i social network sono in teoria uno splendido strumento di informazione e condivisione ma nella pratica sono un enorme indotto pubblicitario dai costi ridotti e dalla diffusione capillare.


Si diffondono sempre più contenuti di bassissima qualità o peggio ancora bufale non verificate.
Diventa una gara a chi la spara più grossa per diventare virali. Una gara a chi ha più interazioni, perché quelle contano per crescere di visibilità su google o nei vari motori di ricerca: le interazioni.
Non conta se la notizia è una non notizia l'importante è che abbia diffusione e commenti o mi piace o retweet. Se poi nei commenti spopolano i "Ma che notizie sono?", "State diventando illeggibili" o altro non importa. Per un lettore perso ce ne saranno altri mille, perché ci siamo assuefatti alle curiosità, alle notizie virali e abbiamo perso il senso del giornale. C'è una continua rincorsa alle notizie acchiappa traffico: sia per il grande giornale per mantenere la posizione dominante, sia per il piccolo organo di informazione che deve crescere.
Tutto questo a discapito della qualità che non fa notizia e non porta soldi.
Refusi e articoli propaganda sono all'ordine del giorno.
Ma dove sono più le domande?
Perché nessuno chiede conto a Renzi dei mille slogan e dei pochi fatti seguiti? Perché il cambiamento che si sta seguendo è solo sulle slide mentre nella realtà si continua a percorrere la stessa strada? Perché nessuno chiede conto nel merito delle modifiche al Senato che il primo ministro sta vendendo come rivoluzione? Perché ci si accontenta sempre e solo delle risposte slogan dell'abile pubblicitario?

Non è un giudizio nel merito della riforma né sulla persona ma nel metodo seguito dalla stampa di ingigantire la figura di Renzi.

Un'altra domanda è quella sulla Palestina e Israele, perché Renzi non dice nulla su quell'argomento? Non ha slogan da vendere? Non ha giri di parole da servire per ingraziarsi il consenso? Dov'è l'Unione europea in tutto questo? Il semestre europeo di presidenza italiana è stato presentato come un rilancio della politica estera europea unita; com'è che il primo ministro del Paese che ha la presidenza non ha ancora proferito parola? Aspetta ordini dall'alto (leggi Usa)?

La stampa (buona parte con notevoli distinguo) cosa fa? Nulla...

Anziché essere organo di controllo funge da ufficio stampa.
Succede anche nello sport, nel calcio e nei mondiali che si stanno concludendo in Brasile e con la disastrosa avventura della nazionale italiana.
Si era presentato il ritiro italiano idilliaco anche se qualche problemino ma con un clima gioviale. Tutti uniti verso l'obiettivo intorno a Prandelli mister, padre degli azzurri.
Poi si scopre che lo spogliatoio era completamente spaccato, senatori contro giovani. Tizio contro caio ecc

E i giornalisti lì che facevano collegamenti 24h su 24 non hanno visto tutto questo?
No, erano troppo impegnati a creare il film degli azzurri al mondiale, a creare lo slogan e i titoli ad effetto per accorgersi della realtà.

È proprio questo il punto:
come la politica e la classe dirigente anche la stampa (quella di primo piano) vive in un mondo virtuale non più attaccata alla realtà, completamente autoreferenziale, racconta un mondo che in realtà non esiste.






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