giovedì 4 giugno 2015

#Libriamo Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella sulla storia di Samia

In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene.
I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera.
La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.
Anche questa settimana,

#Libriamo

Questa settimana vi libro una storia che a me non è arrivata direttamente dal libro, ma da un documentario. In una sera annoiata, infatti, mi capitò di ascoltare Carlo Lucarelli su Raitre ne La tredicesima ora, una serie di docufilm in cui si raccontavano storie di uomini e donne che avevano deciso di cambiare radicalmente il corso della propria vita. Quella sera mi capitò di ascoltare della storia di Samia Yusuf Omar, la giovane atleta somala che aveva partecipato alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 e che per poter realizzare il suo sogno, correre alle Olimpiadi di Londra, doveva fuggire dalla Somalia. Decide quindi di intraprendere il viaggio della disperazione, quel terribile viaggio che molti di quei migranti che guardiamo in televisione in questo periodo intraprendono. Il viaggio di Samia è uguale: sopravvivere al deserto per raggiungere la costa e imbarcarsi verso l’Europa.

Di lei avevo già sentito parlare, l'aveva raccontata Igiaba Scego, ma pur colpendomi non le avevo dedicato che distratti momenti, come accade di solito quando non si è pronti, oppure, perché pensavo ad altro. Troppo preso dagli stupidi pensieri per accorgermi di quello che mi accadeva intorno.

Avevo sentito di un libro che raccontava la vita di Samia, da cui era tratta la narrazione della trasmissione di Carlo Lucarelli.
Per questo, quello che voglio "librarvi" questa settimana è più di un semplice racconto, è il mio risveglio, oltre che la storia di un sogno e di una ragazza che lotta con una forza inaspettata per perseguirlo.
La storia di un viaggio necessario e del coraggio mitologico affinché nulla possa ostacolare il raggiungimento dell'obiettivo.


Questa settimana vi libro la storia di Samia, raccontata da Giuseppe Catozzella in Non dirmi che hai paura, vincitore del Premio Strega giovani nel 2014 e inserito nella cinquina dell'anno scorso dello stesso Premio.


Titolo: Non dirmi che hai paura
Autore: Giuseppe Catozzella
Editore: Feltrinelli (I narratori)
pp 236, 2014

Sono venuto a conoscenza della storia di Samia per caso, quando nell’estate del 2012 mi trovavo al confine con la Somalia, in Kenya, per alcune ricerche sui campi talebani. Una mattina, guardando la televisione, ascoltai una breve intervista ad Abdi Bile, ex atleta somalo e membro del comitato olimpico che Al-Jazeera trasmetteva per la fine delle Olimpiadi di Londra: raccontò in poche parole la storia di Samia, voleva ricordarla a distanza di pochi mesi dalla scomparsa. Rimasi folgorato. Decisi di mettere da parte tutte le ricerche fatte fino a quel momento per dedicarmi completamente a lei.
G. Catozzella



La storia di un sogno


In una Somalia ostaggio dell'irrigidimento politico e religioso, sopraffatta dalla guerra civile e dalla violenza, c'è Samia, una ragazzina di Mogadiscio con il sogno della corsa e delle Olimpiadi. I suoi giorni sono divisi con l'amico di sempre Alì, che diventa primo confidente e suo primo allenatore. Oltre ogni violenza, Samia guarda al suo sogno e a quelle gambe magre che sente veloci per correre.
Ecco, la guerra, per esempio, mi ha portato via il mare. Però, in compenso, mi ha fatto venire voglia di correre. Perché grande come il mare è la mia voglia di andare. La corsa è il mio mare.

In testa ha il suo obiettivo e nel cuore la voglia di correre, per il riscatto del suo Paese martoriato e per tutte le donne somale. Con il coraggio degli allenamenti notturni, per nascondersi dagli integralisti e la qualificazione alle Olimpiadi di Pechino a soli diciassette anni, quel sogno sembra diventare realtà. Infatti, partecipa alle Olimpiadi cinesi in cui arriva ultima, diventando comunque simbolo delle donne musulmane in tutto il mondo. Però lei vuole vincere, desidera essere una campionessa, l'ha sempre voluto. L'ha sempre saputo. È il suo destino. Era quello che diceva a suo padre.

Sai, aabe, certe cose si sanno. Io lo so da quando ancora non parlavo bene che un giorno sarò una campionessa. È da quando ho due anni che lo so.

Non solo applausi

L'appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012, quindi, deve allenarsi per poter competere realmente, per non avere solo gli applausi e la benevolenza del pubblico, ma per la gara.


Ho tagliato il traguardo quasi dieci secondi dopo la prima, Veronica Campbell-Brown. Dieci secondi, un'infinità. Non ho provato vergogna, in ogni caso. Solo un forte senso di orgoglio per il mio paese. Istantaneo, appena passata la linea del traguardo. La gente ha continuato ad applaudire.
 
Il problema è che gli integralisti hanno sempre più potere. È costretta a scappare, la violenza incombe e correre chiusa dentro un burqa non è una bella esperienza. Poi tutta quella maledetta violenza, Alì e tutti gli affetti distrutti. Lì non si può più stare. Lì non si può più correre.

Non può seguire le gesta del suo eroe, Mo Farah, sarebbe impossibile arrivare alle Olimpiadi, sarebbe impossibile proprio continuare a vivere. Quindi intraprende il viaggio dei dannati. Quel viaggio di ottomila chilometri che i migranti fanno per arrivare in Italia, partendo dall'Etiopia al Sudan e arrivano in Libia per imbarcarsi verso l'Italia.


 

 Il viaggio della speranza 

 

Il Viaggio è una cosa che tutti noi abbiamo in testa fin da quando siamo nati. Ognuno ha amici e parenti che l’hanno fatto, oppure che a loro volta conoscono qualcuno che l’ha fatto. È una creatura mitologica che può portare alla salvezza o alla morte con la stessa facilità. Nessuno sa quanto può durare. Se si è fortunati due mesi. Se si è sfortunati anche un anno o due.

Sola, scopre la durezza dell'uomo, i dolori della carne e del corpo e l'importanza di ogni singolo momento.Un viaggio di otto mesi ai limiti della sopravvivenza, con l’unico obiettivo di arrivare in salvo sulle coste italiane, a Lampedusa. Un'odissea che ti fa perdere il sonno, le forze e ogni lucidità nel deserto, che rischia di condurti alla pazzia. Nelle prigioni libiche, dove la dignità viene frantumata dalla vita impossibile e che non è vita, devi essere più donna, con l'animo duro perché altrimenti l'inferno ti fa sprofondare e se non paghi c'è solo violenza. Poi arriva il muro, quello che un tempo doveva unire i popoli e che invece ora li divide, il Mediterraneo. L'ultimo ostacolo verso la libertà. Abbiamo visto quanto sia rischioso attraversare il Mediterraneo, una traversata decisiva in cui si può perdere tutto. In cui purtroppo Samia perde tutto. Sogni, coraggio e la vita stessa.

 

Un mare di divisioni 



La ragazza somala che sentiva di essere nata per correre, che voleva raggiungere l'Italia per fuggire dalla povertà e dalla guerra del suo Paese, sfidando ogni giorno il suo destino, decide di tuffarsi in mare per raggiungere una di quelle funi lanciate da una nave italiana, quelle funi che purtroppo non raggiungerà mai.

Samia non è riuscita a raggiungere le coste italiane, non è riuscita a correre nelle Olimpiadi di Londra 2012, è finita in fondo alle acque di un mare sempre più maledetto. La sua storia è come quella di tante vite spezzate che, per scappare da un mondo di violenza e rincorrere un sogno di libertà, finiscono per affondare in quel mare che, da ponte di speranza, si tramuta in muro della morte.


Qui puoi rivedere il docufilm "La tredicesima ora" su Samia, trasmesso l'anno scorso su Raitre.



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