In un Paese in deficit di lettura è importante
trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto
grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un
viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante
intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola
precisa per capire quale sia il libro giusto, l'importante è darsi la
possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di
iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene. I
buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre
prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la
consapevolezza che una vita senza lettura è più povera. La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.
Anche questa settimana,
#Libriamo
Anche in estate la lettura non va mai in vacanza, anzi forse è il periodo in cui si ha maggiore tempo libero e anche quei lettori occasionali riescono a trovare tempo per dedicare qualche ora a un bel libro. Il Libriamo di questa settimana, ultimo prima della pausa di agosto di questa mini rubrica, è dedicato a tre consigli di lettura che mi permetto di fare per le vacanze. Non che quelli consigliati fino a ora non fossero meritevoli di lettura, però, è bene sempre cambiare e farsi incuriosire da nuovi interessi.
Il principio che guida questo spazio è quello della scelta, leggere sì, ma facendolo bene.
I consigli per l'ombrellone, il divano di casa climatizzato o per dovunque passerete questo bollente agosto, sono libri che mi hanno incontrato nei modi più casuali possibili. Uno mi è stato consigliato, un altro mi è stato regalato e l'ultimo l'ho acquistato perché quando un libro ti segue ci deve essere un motivo e quindi non puoi che assecondarlo e acquistarlo.
Ecco quindi il libriamo di questa settimana, l'ultimo di questa stagione, è diviso in tre, per augurarvi un buon mese di agosto, fatto di letture.
Dei libri ti seguono, altri ti sono assegnati, mentre per alcuni è solo questione di scelta.
Acquisto
Titolo Quando eravamo prede
Autore Carlo D'amicis
pp.130
Editore Minimum Fax
Mi ricordai che non esistono fuggitivi troppo veloci, ma solo inseguitori troppo lenti
Vi è mai capitato di essere braccati da un libro? Uno di quelli che vi segue ovunque spostiate la vostra barra di ricerca. In libreria, sul web o persino su alcune riviste. Cercavo altro, ma alla fine mi capitava sempre davanti questo libro di Carlo D'amicis edito da Minimum fax e uscito nel 2014. La storia di D'Amicis è una di quelle che non può rievocare echi di Orwelliana memoria della fattoria degli animali o anche il libro della giunga di Kipling. In realtà, però, "Quando eravamo prede" ha una sua forte originalità, aiutato soprattutto dall'ottima scrittura dell'autore, che favorisce la lettura e la rende piacevole. La trama poi è davvero originale. Immaginate un cerchio, al cui interno è rinchiuso un paradiso terrestre di natura e animali, poi, pensatelo popolato di uno strano tipo di individui, non si sa se bestie o umani, oppure entrambe le cose. Questi esseri sono dei cacciatori, ognuno con il nome che riprende l'animale che in un certo senso impersonifica o caccia. La loro vita è separata da quella del mondo dei gibboni, che in realtà sarebbe la realtà civilizzata. Il tempo è indefinito, mentre i fatti sono raccontati dal più puro degli esseri che, non a caso, prende il nome dell'agnello. Si vive allo stato brado, tra il Toro, unico maschio da monta, in confronto agli altri tutti sterili e
frustrati, con le femmine in catena e perversioni indecenti. Una vita bestiale simile a quelle di comunità primordiali. Poi arriva la civiltà, la cosiddetta Scimmia che supera la linea ed entra in quel mondo. La realtà cambia, inizia a insegnare la Bibbia, la civiltà, la morale e la proprietà privata. Con lei arrivano anche dei Topi monoculari che distruggono tutto. Pian piano la vita all'interno del cerchio si spopola, gli animali non ci sono più e i cacciatori avvolti tra sentimenti più pericolosi come
l'amore, la compassione e la paura, diventano prede. D'Amicis riassume in queste pagine l'intera vicenda della storia umana.
Consiglio
Titolo Epepe
Autore Ferenc Karinthy
versione Adelphi ebook
Editore Adelphi
Odiava quella città, la odiava profondamente perché gli riservava solo sconfitte e ferite, lo costringeva a rinnegare e cambiare la sua natura, e perché lo teneva prigioniero, non lo lasciava andare, e ogni volta che provava a fuggire lo ghermiva e lo tirava indietro.
Poi ci sono i consigli, quelli di cui ti fidi, perché il passaparola tra i libri è fondamentale. Alcune trame ti scelgono appena ne senti parlare, questa di Epepe scritta da Ferenc Karinthy negli anni 70, forse dedicata alla sensazione straniante che un occidentale poteva avere dell'Unione Sovietica di Breznev, riproposta nella nuova versione di Adelphi è una di queste. Immaginate di finire per uno stupido equivoco, causa aereo preso per sbaglio, in un luogo ignoto, in una città di cui ignorate nome e posizione geografica, abitata da un'enorme folla di persone, che si muove continuamente in maniera anonima e minacciosa. Per qualche altro motivo, siete senza documenti e appena cercate di chiedere informazioni o aiuto vi accorgete di non capire assolutamente nulla della strana lingua che viene parlata in quel posto. Nell'enorme bagaglio culturale che vi portate dietro, fatto di dodici lingue straniere conosciute, nessuna si confà a quello strano alfabeto, impenetrabile e incomprensibile. Siete in un posto sconosciuto, senza documenti, senza la possibilità di capire nulla e di essere capiti. È proprio in questa babele, che si muove angosciato e frustrato il protagonista Budai, linguista specializzato in ricerche
etimologiche, che si trova a vivere in quest'incubo senza via d'uscita. L'unica ancora di conforto è una ragazza dai capelli biondi, il suo nome è Epepe o qualcosa del genere, che lavora all'ascensore di un hotel e che sembra disposta ad aiutarlo, benché non lo capisca. Questo romanzo rappresenta l'alienazione completa dell'uomo. In un richiamo naturale a Kafka e dagli elementi distopici chiaramente Orwelliani, ma con anche tinte della Cecità di Saramago, la storia dello scrittore ungherese racconta un incubo che è forse quello di un uomo che vive senza comunicazione. Ci è stato sempre insegnato che il processo comunicativo è naturale, si comunica anche senza parole con gesti o silenzi. E se questo non fosse più vero? In questa storia gli uomini appaiono incapaci di comunicare, perché anche la lingua parlata in quello strano posto sembra essere incomprensibile agli altri. Eppure si va avanti. Epepe rappresenterebbe l'ancora di salvezza, ancora una volta l'amore che cerca di salvare il salvabile. Ma per Karinthy sembra comunque non essere abbastanza.
Regalo
Titolo L'ultima riga delle favole
Autore Massimo Gramellini
pp. 263
Editore Longanesi
Un uomo arreso non è ancora un uomo perduto. A salvarlo sarà sempre il suo pensiero più ardito.
Poi ci sono quei libri che gli altri ti assegnano. C'è chi ti conosce bene e conosce i tuoi gusti, altri che conosci da poco, ma riescono comunque a entrare nella tua psiche e a colgiere il momento adatto per il regalo giusto. Un libro regalato vale sempre di più. Questo di Massimo Gramellini rappresenta una piacevole lettura che può essere uno spunto per iniziare una ricerca interiore e ricostruire una vita, che in alcuni momenti conosce dei momenti di crisi. Per chiunque sogni di vivere una vita felice. Ci sono storie che terminano prima, in maniera affrettata, altre che sono lunghe e difficoltose e conoscono un po' di apparente felicità. Quella di Tòmas, il protagonista, è una vita come tante, di uno che si lascia vivere, che ha abbandonato l'amore perché deluso e si considera senza un talento specifico e soprattutto senza gli strumenti per poter cambiare la propria esistenza. Una notte di forte crisi lo catapulta in un mondo immaginario, sconosciuto, che in maniera un po' forzata lo avvia verso un percorso di ricerca interiore e di ricostruzione. Le favole finiscono sempre con il classico E vissero tutti felici e contenti, e se non fosse sempre così? Quel processo che ci porta ad essere felici si perde, perché quando tutto è dato per scontato, la quotidianità prende il sopravvento e il cinismo ci invade, la gabbia in cui pian piano ci siamo addentrati non ci permetterà più di uscire. Il viaggio di Tòmas è quello che ognuno di noi dovrebbe fare, perché se non si ama se stessi e non si sta bene prima da soli, non si potrà mai amare davvero qualcun altro.
Buone letture.
Buone letture.
Cosa ne pensi dell'articolo? Puoi farmelo sapere lasciando un commento nel form in basso. Inoltre se ti è piaciuto, puoi condividerlo sui tuoi social network preferiti. Basta un semplice click.
Nessun commento:
Posta un commento