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sabato 3 gennaio 2015
Le dimissioni di Napolitano, abbasso il re o viva il re
Il 2015 chiuderà l'era Napolitano, l'unico Presidente della Repubblica eletto per due volte.
Il doppio presidentato iniziato nel maggio del 2006 e continuato con il secondo mandato di aprile 2013, è dovuto più all'incapacità della classe politica a trovare una propria dimensione per sopravvivere più che ai grandi risultati ottenuti da Napolitano, è stato contrassegnato da un potere d'intervento fuori dal comune neanche mai lontanamente previsto dalla nostra Costituzione che, per quanto riguarda i poteri presidenziali, si tiene molto sul generico sempre in relazione al contesto politico del momento.
Molti partiti hanno elogiato il ruolo svolto dal Presidente in questo periodo di forte crisi della credibilità del sistema politico, proprio perché incapaci di poter dimostrare la forza e la capacità politica di ricorprire un ruolo forte. Il giudizio sullla figura di Napolitano non può risultare quindi fortemente influenzato dalle contraddizioni del sistema politico che l'ha prodotto e quindi essere molto ambivalente.
Gran parte della classe politica è stata più che contenta di delegare al Presidente quello che non riusciva o non sapeva fare e ne osanna la figura come miglior Presidente della storia repubblicana. Le forze antagoniste da sempre ostracizzate da Napolitano, invece, lo condannano per aver tradito il giuramento alla Costituzione accusandolo di aver agito e influito profondamente sulla politica con un vero e proprio programma politico del Presidente.
In questi casi allontanarsi dalle partigianerie non è semplice però bisogna considerare in termini più generali la sua esperienza al Quirinale.
L'immagine della Presidenza forte è stata lo specchio invece di una sinistra debole incapace di trovare una strada comune e indipendente dai diktat presidenziali, soprattutto con la fine dell'era Prodi. Se propagandisticamente il Partito democratico voleva per se l'immagine di partito di sinistra unica alternativa di governo, volontariamente o meno finiva per diventare succube del Presidente per una mancanza evidente di leadership.
Per questo, la figura del Presidente ha assunto un ruolo centrale nella progressiva erosione della figura di Berlusconi e in quasi nove anni di potere al Quirinale ha ricercato il sorpasso dello scontro politico per una pacificazione politica a tutti i costi.
Anni di silenzi e di colpevole firma senza fiatar troppo di leggi ad personam successivamente poi bocciate dalla consulta nel probabile obiettivo di risolvere il problema della questione del conflitto di interessi eliminandolo del tutto. Con la fine del Governo Berlusconi, Napolitano ha mostrato un irrituale interventismo nell'azione governativa (eccetto quando si trattava di opporsi alle sopracitate leggi) spinto dall'incapacità della politica di ricostruirsi.
L'intenzione è sempre stata quella di mantenere e conservare lo status quo in una crisi del mondo politico senza fine che ha portato all'ascesa dei movimenti antagonisti poi diventati parlamentari come i cinque stelle e che hanno costretto il Presidente a intervenire direttamente nell'azione politica. Dalla crisi ritardata del Governo Berlusconi al Governo Monti, fino alle elezioni vinte e non vinte da Bersani e ilsuo mandato fallito, per continuare con il Governo Letta e quello di Renzi.
In questi anni l'interventismo del Presidente della Repubblica è diventato un vero e proprio potere politico capace di dettare un programma politico, di porre veti e fare pressioni.
L'inedito secondo mandato a termine con ricatto parlamentare, ha poi portato alla completa deroga del Parlamento con l'euforia dei partiti che hanno applaudito in standing ovation il discorso di insediamento del Presidente che rendeva manifesta tutta la debolezza della classe politica italiana.
La sua azione dichiarata in difesa della Costituzione sta in fine portando allo stravolgimento dei dettami costituzionali ed è andata oltre i limiti dettati dalla Carta, configurando un vero potere personale che non si era mai visto in epoca repubblicana.
La figura di Napolitano è un po' figlia della politica dei nostri tempi, sempre capace di reinventarsi e muoversi con sapienza nelle stanze del potere senza farsi mai schiacciare dal peso della sua storia da cui si è staccato gradualmente con grande sapienza.
Alla fine dei dieci anni il Paese che "lascia" è stanco di dividersi politicamente, non per una vittoria del Presidente ma perché non crede più in quella politica che è stata una delle cause del baratro in cui l'Italia sta sprofondando.
Certo, le colpe non saranno tutte sue, ma il ruolo che ha svolto in questi anni, le sue azioni e i suoi omissis hanno influito molto nell'andamento del Paese con la sua incapacità di ascoltare i cambiamenti del Paese e le voci di protesta che venivano fuori dalle stanze della politica, considerate sempre il male, che forse avrebbero realmente potuto cambiare la storia recente del nostro Paese.
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