lunedì 14 maggio 2018

La Juventus e il mito del settimo scudetto consecutivo, ma il Var non risparmia le polemiche


Un altro campionato di calcio si avvia alla conclusione. La stagione 2017/18 ha emesso quasi tutti i verdetti ad esclusione della'ultimo posto in Champions e l'ultima retrocessa.



Il primo campionato con il Var si è concluso non senza poche polemiche. È abbastanza paradossale che la moviola in campo che sembrava dovesse porre fine ai litigi ha invece ancor di più esacerbato gli animi di una stagione vissuta tra mille polemiche, sospetti e  lamentele.

Fondamentalmente Var

Dando un giudizio generale sul Var si può certamente considerare positivo l'esperimento. Certamente ci sono delle problematiche oggettive sulle procedure che vanno risolte, alcune ritardano troppo le decisioni e spezzettano il gioco, altre invece sembrano comunque non risolvere problematiche di fondo. In ogni caso, gli errori quest' anno ci sono stati, come è normale, come è umano, ma il Var ha sicuramente migliorato la situazione.

Quello invece in cui non è riuscito il Var è nel ridurre le polemiche. È chiaro che nessuna tecnologia potrà risolvere l'insanabile ferita che nasce da quello che poi è emerso ufficialmente nel 2006 con la cosiddetta "Calciopoli". Fino a quando l'ombra del sospetto sulla regolarità delle decisioni arbitrali, Var o chi per loro. Fino a quando non saranno considerati più importanti gli "equilibri" politici rispetto a quelli del campo, lo scontro e la divisione non avranno fine.



Juventus nel mito



Detto questo il verdetto più importante della stagione è quello dell'ennesimo scudetto, storico, della Juventus. Storico perché mai nessuna squadra aveva mai pensato in Italia di arrivare a vincere sette campionati consecutivi. Questo traguardo lancia definitivamente nel "mito" questa squadra che sta dominando un'intera decade dopo aver toccato i punti più bassi della propria storia con la retrocessione del 2006 e i difficili anni della ricostruzione "post calciopoli" con il conseguente dominio dell'Inter. Sette scudetti consecutivi, quattro Coppe Italia e due finali di Champions. Un dominio totale dei bianconeri che non è solo sportivo, ma anche societaria. Se le avversarie sono alle prese con costruzioni e ricostruzioni difficoltose (Inter e Juve), progetti promettenti, ma che sembrano ancora acerbi (Roma) e grandi progetti calcistici che però sembrano essere arrivati al capolinea anche a causa di una struttura societaria personalistica (Napoli). 
La cosa più sorprendente di questa cavalcata storica è la capacità di saper trovare continuamente motivazioni da parte della Juve con i senatori e una dirigenza che ha un unico punto fermo quello di voler vincere sempre e comunque. I meriti della dirigenza juventina sono evidenti: la società ha posto le basi costruendo un patrimonio societario e di squadra capace di creare un gap per ora incolmabile dalle altre squadre. La Juventus è riuscita in una vera e propria impresa, che a un certo punto della stagione sembra impossibile, soprattutto perché la forma sembrava venir meno e l'ambiente scricchiolare. Però ciò che rende unico in Italia questo club è proprio l'orgoglio e la capacità di soffrire e rinascere. In questi sette anni appare chiaro che non bisogna mai dare per porta questa squadra capace di alzare l'asticella più in alto quando la lotta e gli avversari si fanno duri. Lo scudetto più sofferto e che forse offre maggiore gioia proprio perché il primo col Var e nato con le solite polemiche che sono la norma quando di mezzo ci sono le vittorie della Juventus. 

Critica della ragion calcistica



Diciamola tutta: se si pensa che il campionato sia truccato e che la Juventus abbia vinto perché capace di rubare l'ennesimo scudetto, allora che la TV si spenga, gli stadi si svuotino e lo spettacolo termini qui. Sia chiaro, gli errori arbitrali ci sono stati, la Juve ha avuto decisioni a favore che sono sembrate abbastanza decisive in alcune partite importanti, ma non è stata l'unica ad avere l'occhio "benevolo" arbitrale. Purtroppo il Var non è ancora perfetto, le grandi squadre ancora godono dell'occhio benevolo di quella sudditanza naturale quando c'è il giudizio umano di mezzo. Se guardiamo privi di ogni preconcetto e vittimismo, gli episodi e gli errori sono lì chiari per tutti. 

Che poi in Inter - Juventus, Pjanic doveva essere espulso questo è chiaro, e pure se la mancata espulsione poteva essere fondamentale, la partita ha avuto uno sviluppo indipendente. Anzi, l'Inter è apparsa molto più combattiva e capace di colpire una Juventus che era in vantaggio, ma sembrava soporifera e adagiata sul risultato. In ogni caso ragionare sui singoli episodi non spiega tutto. 

Un campionato fatto di errori, come sempre



Questo campionato non mi è parso più "scandaloso" degli altri. Il Var ha aiutato a renderlo un po' più chiaro, ma come tutte i progetti sperimentali deve e sicuramente migliorerà. La frustrazione di chi non riesce a raggiungere un risultato che sembrava a un passo, fa aumentare come al solito il nervosismo e fa alzare i toni. In questo purtroppo gli organi di comunicazione che dovrebbero veicolare ed educare il ricettore delle informazioni purtroppo non fanno che aizzare tutti contro tutti, nella spiacevole moda del "giornalista" tifoso, che è un ossimoro.

Vincitori morali?



Chiarito questo, se parliamo sul livello dei meriti, mai come quest'anno lo scudetto l'avrebbe meritato il Napoli. Così come la lotta Champions la meriterebbe la magnifica Lazio di Inzaghi e la salvezza la meriterebbe ancora quest'anno l'indomito Crotone. Ma il discorso dei meriti è un puro gioco dialettale, perché è il campo il giudice sovrano.

L'utopia sarrista



Tornando alla questione scudetto, una menzione la merita la squadra di Sarri. La squadra più bella, che ha guidato il campionato sia dal punto di vista del gioco che moralmente. La squadra di Sarri aveva l'obiettivo a un passo, soprattutto dopo l'impresa di Torino, ma proprio quell'impresa ha affossato mentalmente gli azzurri. Sarri sostiene di aver perso lo scudetto nell'albergo prima di Firenze. Credo invece che il Napoli l'abbia perso proprio negli spogliatoi di Torino, nel dopo-partita, e nel ritorno a Napoli. I festeggiamenti e l'aura della grande impresa, anziché dare ulteriori stimoli e incoraggiare a fare il salto decisivo, sono stati in grado di svuotare la mente e il fisico dei giocatori, che già non attraversavano il migliore dei periodi di forma. e quindi si è passati dall'impresa al disastro di Firenze e al pareggio col Torino. Due occasioni che il Napoli aveva per mettere pressione alla Juventus che poteva perdere punti a Roma e che invece, proprio all'Olimpico, ha celebrato lo storico successo.

Quello che poteva essere e non è stato



Comprensibile il rammarico di Sarri e dei Napoletani per un'impresa che sembrava essere alla portata e che era meritata fino a 4 giornate dalla fine. Meno comprensibili invece sono gli accenni e i riferimenti all'ennesimo scudetto rubato e allo scudetto della moralità, perché ripeto, il Napoli aveva nelle proprie mani il suo destino, doveva continuare a mettere pressione alla Juventus vincendo partite contro squadre che avevano poco da giocarsi, purtroppo proprio alla fine qualcosa è mancato. Quel "qualcosa" i tifosi del Napoli e la società lo individua nel "Palazzo", nelle logiche di potere del calcio che vogliono la Juventus sempre vincente al di là dei meriti del campo. Io quel qualcosa lo individuo invece in tre principali aspetti: 1) organico; 2) manageriale; 3) societario. Questi tre aspetti sono tutti collegati: la rosa è sempre, infatti, apparsa limitata e ridotta in confronto all'abbondanza di scelta a disposizione di Allegri. È vero che gli infortuni di Ghoulam e Milik in una squadra come il Napoli possono pesare di più rispetto alle assenze in un organico ricco come quello della Juventus, ma non possono spiegare tutto il problema. In attacco il tridente è praticamente sempre stato lo stesso, così come spesso i due giocatori di fascia. Alla lunga purtroppo questa deficienza la paghi. Ha responsabilità in questo anche Sarri, che dal punto meramente tattico e calcistico, in termini di campo, è un maestro e la sua squadra ha espresso il gioco più bello degli ultimi anni in Italia, però in termini di gestione il tecnico toscano ha grandi pecche. Utilizzo sempre degli stessi giocatori, incapacità di andare oltre un determinato disegno e lacune nella capacità di leggere il corso della partita e poter cambiare durante l'incontro. Poi c'è la società incarnata dal padre padrone De Laurentis, che avrà anche tanti difetti e responsabilità, ma ha avuto il grande merito di costruire un giocattolo bello da vedere e soprattutto di circondarsi di persone capaci che gli hanno assicurato ottimi investimenti e grandi plusvalenze non solo economiche, ma anche di organico. Questa gestione personalistica della società è però anacronistica e poco efficace oggi. La squadra è rimasta spesso da sola, senza il classico parafulmine capace di isolarla e proteggerla e il grande rammarico, che nel momento più importante della stagione non è stata in grado di restare concentrata. Magari bastava, dopo Torino, andare in ritiro, non tornare a Napoli e serrare le fila. Fregarsene dei risultati delle altre, non guardare le partite e pensare solo a sé. Perché il Napoli aveva un solo grande impegno, un obbligo verso una città che stava donando tanto, continuare a crederci e vincere tutte le partite. Se poi la Juventus avesse fatto bottino pieno, meritatamente o con gli "aiutini", allora si poteva discutere di vittoria morale, ma farlo ora non ha senso.

Niente alibi



Perché parlare di vincitori morali, "perché non si può vincere in quanto il palazzo non vuole", "perché tanto loro rubano e non si può fare nulla per ostacolarli" non serve a nulla e soprattutto regala un grande alibi a tutti quelli che dovevano, potevano crederci e non l'hanno fatto. Le giustificazioni rendono l'errore stagnante e non aiutano a crescere, creano alibi e gli alibi sono dei perdenti. Alibi che la città di Napoli non merita.


La fine di una favola?




Il post campionato sembra essere portatore di grandi cambiamenti per il Napoli, magari Sarri andrà via e con lui lasceranno grandi protagonisti della cavalcata azzurra a un passo dal titolo, quello che è certo è che lo spettacolo offerto dal Napoli di Maurizio Sarri è stato a tratti un qualcosa di unico, un quasi miracolo che non ha potuto avverarsi per un pizzico di inesperienza e mancanza di "cazzimma" nei momenti decisivi che ha fatto evaporare tutto. 

La Juventus del secondo decennio del ventunesimo secolo verrà ricordata come la squadra imbattibile in Italia e quei 7 scudetti saranno una memoria indelebile per i posteri, ma la bellezza offerta dal Napoli di Sarri resterà ugualmente nella storia per aver voluto, in un'epoca votata all'utilitarismo e al vincere prima di tutto, aver cercato di offrire qualcosa di più agli amanti di questo sport. Quella bellezza intensa, ma fugace, Parafrasando De André "come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno , come le rose ..."

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