martedì 29 maggio 2018

Il paradosso del governo del cambiamento con il programma come protagonista ma naufragato per una carica.

In questi tre mesi il nostro Paese ha conosciuto la crisi di governo più lunga dalla nascita della repubblica, dopo la seconda guerra mondiale e ora una crisi istituzionale che avrà inevitabili implicazioni per l’intera Unione europea. 


L'Italia è nel pieno di una crisi istituzionale e politica senza precedenti.

Il veto del presidente Mattarella per Paolo Savona ha fatto naufragare prima del nascere il governo Conte - Cinquestelle - Lega e ha scatenato l'ira delle parti contro il presidente della Repubblica che ne richiedono la messa in stato d'accusa.



Insomma il governo del cambiamento è saltato prima del nascere e ironicamente a farlo saltare è stato il volersi impuntare su una carica e un nome.
In queste settimane la campagna mediatica aveva ripetuto che per le parti l’importante era il programma, e non le cariche. Alla fine, però, a far saltare tutto è stata proprio una carica, quella del ministro dell’economia.

Le parole di Mattarella sono state inequivocabili:

L’incertezza della nostra posizione nell'Euro ha messo in allarme gli investitori italiani e stranieri che hanno investito in titoli e società. L’aumento del premio per il rischio aumenta il debito e riduce la possibilità di investimenti nel settore sociale. Ciò brucia risorse e risparmi di aziende e prefigura rischi per le famiglie italiane.

Chi è Savona


Conte e il Movimento 5 stelle, ma soprattutto la Lega, avevano fortemente insistito su Paolo Savona come ministro italiano dell’economia. Savona, 81 anni, è un economista con decenni di esperienza manageriale, sia alla Banca d’Italia, sia a Confindustria, sia nel governo, come ministro del commercio e dell’industria, nei primi anni novanta. Ma Savona è soprattutto un economista molto Euroscettico, che ha fatto affermazioni estremamente negative sulla potenza tedesca in Europa ed è stato uno dei firmatari di una ‘guida pratica all'uscita dall'euro, una riflessione della Link University di Roma , nel 2015. Un piano B è necessario, dice Savona, per uscire dalla moneta unica europea, per evitare ‘che l’Italia finisca proprio come la Grecia’. Non appena fu suggerito il nome Savona, il presidente Mattarella espresse la sua grande preoccupazione. 

Crisi istituzionale è incontestabile



Mentre il leader del M5s chiede che il presidente Sergio Mattarella sia messo sotto accusa per essersi rifiutato di far nascere il primo governo populista dell’Europa occidentale, l’Italia sembra dirigersi verso nuove elezioni alle quali i partiti anti-sistema aumenterebbero la loro maggioranza parlamentare. Il probabile beneficiario di nuove elezioni sarà la Lega, la più euroscettica dei due futuri partner della coalizione, i cui sondaggi sono saliti costantemente da marzo. Un ritorno alle urne potrebbe anche avvantaggiare il Movimento 5 stelle, che sostiene una miscela di politiche di sinistra e di destra e sarebbe in grado di attirare ancora più elettori del Partito democratico, profondamente diviso.

Decisione costituzionalmente legittima? 


Una domanda a cui si deve ancora rispondere è se la mossa drammatica del presidente fosse legittima. La costituzione del 1948 è tutt'altro che netta: dice che il presidente nomina il primo ministro e ‘su sua proposta, i ministri’. Mattarella ha bloccato la scelta di due partiti che insieme guidano la maggioranza in entrambe le camere del parlamento, con la motivazione che volevano un ministro sospettato di voler fare uscire l’Italia dall'euro. Questo sembrerebbe dire che l’Italia non può mai lasciare la moneta unica, e che il mercato ha più forza delle urne. Ma Mattarella ha chiesto che ci sia, come minimo, un dibattito nazionale adeguato prima di qualsiasi mossa in quella direzione. 


I risvolti successivi alla fine prematura del governo Di Maio - Salvini sembrano far scatenare ancora di più i complottisti. Il presidente Sergio Mattarella ha convocato Carlo Cottarelli, un ex funzionario del Fondo monetario internazionale,  per conferirgli l'incarico di formare un governo tecnico che accompagni il Paese verso nuove elezioni.

Il presidente mi ha detto di presentarmi in Parlamento con un governo con un programma che in caso di fiducia includerà l’approvazione della legge di Bilancio, con nuove elezioni nel 2019. In assenza di fiducia il governo si dimetterebbe immediatamente per accompagnare il paese ad elezioni dopo il mese agosto. Il governo manterrebbe una neutralità completa rispetto al dibattito elettorale. Mi impegno a non candidarmi e chiederò lo stesso impegno a tutti i membri del futuro governo. Da economista voglio rassicurare: i conti sono in ordine. Negli ultimi giorni sono aumentate le tensioni sui mercati finanziari, lo spread è aumentato, tuttavia l’economia italiana è in crescita e i conti pubblici rimangono sotto controllo. Un governo da me guidato assicurerebbe una gestione prudente dei nostri conti pubblici. Il dialogo con l’Europa è essenziale, deve essere un dialogo a difesa dei nostri interessi, e sarà costruttivo, nel pieno riconoscimento del ruolo essenziale dell’Italia. Come è essenziale la nostra partecipazione all’euro.
Parole che sembrano voler stemperare la tensione e riportare serenità sia nel contesto politico che nei mercati. Un governo che avrà comunque vita difficile perché si dovrà capire chi avrà il coraggio di mettersi in discussione e votare la fiducia, sapendo comunque di rendersi vulnerabile a polemiche e attacchi da parte delle forze di maggioranza in parlamento.


La mossa di Mattarella ha messo in luce un profondo divario con i due partiti populisti. Appare chiaro che un governo Cottarelli difficilmente troverà i numeri utili per riuscire a sopravvivere aòò'autunno caldo vista la battaglia che i leader di MS5 e Lega, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, stanno portando avanti per ritornare al più presto al voto. 


Ingerenze dell'Europa?


Luigi Di Maio ha accusato Mattarella di un’operazione premeditata, mirata a ostacolare la formazione di una coalizione con la Lega. Chiaramente suggerendo un complotto tra il presidente e i guardiani dell’ortodossia della zona euro, Matteo Salvini ha accusato Mattarella di rappresentare gli interessi di altri paesi, non degli italiani. La sua non è l’unica interpretazione cospiratoria. Un’altra teoria sostiene che M5s e Lega si fossero deliberatamente rifiutati di arretrare su Paolo Savona proprio per causare le elezione anticipate, sperando così di rafforzare la loro posizione. Salvini ha addirittura riecheggiato marce su Roma se non ci sarà presto una data per le elezioni.

Un discorso che, visto il momento così delicato, appare davvero irresponsabile o deliberatamente sovversivo.

L’Europa comunque non ha mai fatto segreto della sua preoccupazione per le intenzioni del nuovo governo. Le campane d’allarme erano più forti soprattutto sull'ambizione dichiarata dalle parti di riscrivere le regole dell’Unione europea e perseguire politiche interne che combinassero l’aumento della spesa pubblica promessa dall’M5s con i tagli fiscali favoriti dalla Lega. Gli economisti hanno calcolato che il costo delle promesse della coalizione: tasse più basse, benefici maggiori, pensionamento anticipato avrebbero potuto raggiungere 170 miliardi di euro, circa il 10 per cento del pil dell’Italia. A questo bisogna poi aggiungere il rilevante debito di 2.100 miliardi di euro del paese e potenzialmente innescherebbe lo scenario peggiore dell’Unione: una crisi del debito di tipo greco nella terza economia più grande della zona euro.


Estate di discussione sull'Europa


Già entrati in campagna elettorale, Lega e Cinquestelle si presenteranno come difensori del popolo contro le banche e l’Unione europea, ma la situazione è profondamente diversa. La Francia e la Commissione europea avevano teso la mano al presidente del consiglio designato. Sui mercati non c’era stato nessun panico. Non esiste alcun complotto contro la coalizione. La verità è che il capo dello Stato italiano è il garante degli interessi del paese e degli impegni internazionali, dunque non poteva accettare come ministro delle finanze un sostenitore dell’uscita dall'euro quando il programma di governo non la prevedeva e la conversione del debito italiano nella nuova lira metterebbe l’Italia in uno stato di fallimento.

Mattarella si è semplicemente assunto le sue responsabilità costituzionali, mentre la Lega ha provato a forzare la mano nella speranza di guadagnare voti alle prossime elezioni. Il problema è che il calcolo dell’estrema destra potrebbe rivelarsi corretto.


Intervento istituzionale e politico di Mattarella

Le parole di Mattarella sono state chiare. Il suo intervento si inserisce in un'interpretazione estensiva dei compiti del presidente della Repubblica in un certo senso simile a quello di alcuni presidenti del passato come Napolitano o Scalfaro che sono già entrati abbastanza nel merito delle scelte dei ministri. Il peso e la forza dell'azione presidenziale sono sempre dipesi dal contesto politico del momento. Quello di Lega e Cinquestelle era un governo inedito, nato dall'unione post elettorale di forze politiche non alleate, ma convergenti su un programma condiviso. Proprio per quello un ministro dell'economia Euroscettico era improponibile perché quelle posizioni non facevano parte né della campagna elettorale né del "contratto di governo". Così l'ha intesa Mattarella.

Ci si chiede quanto Lega e Cinquestelle abbiano realmente voluto andare fino in fondo, visto che sarebbe bastato accogliere le osservazioni presidenziali e cambiare il nome designato per risolvere lo stallo.

L'unica cosa inedita di tutta questa vicenda è la forzatura fatta al presidente e l'impuntarsi fino a volere l'Impeachment.

Forse la posizione di Mattarella nell'intendere quella di Savona come una figura eversiva per gli equilibri dell'Italia in Europa è stata eccessiva, perché Savona non appare tale da voler mettere in discussione la presenza dell'Italia in Europa.
Forse proprio questo veto darà ulteriore slancio ai partiti populisti nelle prossime elezioni.
Il dibattito politico di questi giorni a tutti i livelli mostra comunque inesorabilmente che non è tanto la politica e essere tornata al centro del dibattito, ma come è ormai consuetudine a dominare è il tifo per la propria parte. La politica dovrebbe essere confronto tra idee diverse, militanza, discussioni. Siamo invece diventati un Paese di tifosi che non accettano altro che la propria parte, e con l'unico tavolo di confronto Internet e i social, dove si viene continuamente bombardati da fake news. 

La rete è ormai ricettacolo di fake news di cui si alimenta la stessa opinione pubblica divenuta partigianeria.
I social non sono la faccia peggiore della nostra società, ma ne sono l'esatta rappresentazione, quando il confronto diretto tra individui senza il nascondiglio di uno schermo, o magari senza il nascondiglio della moltitudine, permette a tutti di dire qualsiasi cosa senza timore.
Gli insulti e le minacce a Mattarella ne sono l'evidenza.

L'analfabetismo funzionale domina e ne avremo una drammatica rappresentazione nei prossimi mesi che si annunciano roventi.

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