venerdì 3 aprile 2015

Che valore diamo al nostro lavoro

La  generazione Y in Italia è condannata a vivere una crisi senza fine, tra precarietà senza lavoro e il baratro delle riforme che non danno via d'uscita.



Come si dà un valore al proprio lavoro?
Ognuno ha il proprio bagaglio di valori e il proprio metro di giudizio.
Sarà banale dirlo ma l'indicatore è sempre relativo alle proprie esigenze, ai propri bisogni e alla propria professionalità.

In sostanza dipende sempre da ogni singolo lavoratore.


C'è chi dà il proprio lavoro per scontato e chi invece ringrazia ogni giorno una divinità per averlo.
Entrambe queste posizioni possono essere discutibili.

In passato si diceva che il lavoro nobilita l'uomo, oppure, che il valore dell'uomo si vede in quello che fa.
Ormai queste affermazioni sono fuori dal tempo.
Il lavoro è svilito e non nobilita più.
Ormai il lavoro degrada e in Italia è sempre peggio.

Dare il proprio lavoro per scontato significa credere che i propri diritti siano un fattore insindacabile e immodificabile senza avere cognizione di cosa essi significhino e come si è arrivati ad averli.


Considerarlo come un miracolo, seppure comprensibile in questi tempi bui, non è nemmeno positivo. 
Va bene, si è stati fortunati nel trovare un lavoro ma bisognerebbe ricordarsi che anni di lotte hanno portato ai diritti che abbiamo ora.
Metterli in continua discussione svilisce noi stessi e il nostro lavoro.

Perché è vero che c'è la crisi, ma a pagare il prezzo più alto sono sempre i lavoratori.

Cosa fa il Jobs act? 

 

Il jobs act in sostanza afferma che il problema del mercato del lavoro italiano è dovuto alle eccessive tutele dei lavoratori che impediscono ai datori di lavoro di poter licenziare liberamente.
In sintesi, gli imprenditori non investono in Italia in quanto è troppo difficile licenziare.
Anche in questo caso è sempre il lavoratore nell'occhio del ciclone e a venir meno sono le tutele previste dallo statuto in caso di licenziamento.
L'articolo 18 da anni considerato la panacea di tutti i mali è stato compeltamente svuotato e non erano bastate le riforme precedenti.

Ora ci sono le tutele crescenti, i lavoratori dipendenti finché conviene al datore , con alcuni che sono più uguali degli altri. 

La disparità cher si cresa nell'azienda dovrà essere inevitabilmente analizzata dalla Corte costituzionale, perché è inaudito che ci siano due categorie di lavoratori con diritti diversi.


Sarà un quesito che ormai ci tornerà sempre più spesso.

Intanto si distrugge il mondo del lavoro nella convinzione che rendere più facili i licenziamenti sia la soluzione al problema occupazionale.

Creare posti di lavoro più precari e meno garantiti non vuol dire creare occupazione ma solo precarietà.


Detto da uno che due giorni prima di Pasqua non ha preso lo stipendio perché l'azienda ha deciso di spostare l'accredito al venerdì santo che, da quanto ho appreso, per molte banche è un prefestivo e quindi niente accredito, è un tutto dire. 
Quindi se ne riparlerà martedì.

Ma non è un problema per me, per fortuna sono ateo e della Pasqua me ne importa niente e non ho famiglia a carico, ma per tanti colleghi non è così.

È ormai chiaro che inquesto Paese la causa della crisi sono i lavoratori, presto questo cancro sarà debellato e finalmente potremo eliminare il termine e chiamarci per quello che stiamo diventando realmente.

Schiavi!

Il mantra del lavoratore frustrato

Per fortuna che ho un lavoro

Per fortuna ho uno stipendio
 

Qualsiasi cosa l'azienda chieda

Accetto sempre tutto contento.

Annuisco e si procede,

c'è la crisi mi vien detto,

Ringraziando che ho un lavoro

speranzosamente aspetto.


Son ricatti belli e buoni,

tra minacce e delocalizzazioni, 

la paura senza certezze

alla mercè dei padroni



Ogni mese è sempre sudato,

indeterminati finché dura,

lo stipendio posticipato

e la rassegnazione come cura.


Ti ripete la stella sfigata

sei nato con la camicia e non si vede,

con la schiena piegata

finché anche il sedere cede.


Rincuorati ti dice,

che anche questo mese è andato,
 
con la speranza sempre più vana

di non tornar disoccupato.



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