In un Paese in deficit di lettura è importante trasmettere le belle sensazioni che la lettura può regalare, soprattutto grazie a un libro che è capitato nella propria vita. Leggere è un viaggio intimo dentro noi stessi e per questo è importante intraprenderlo con la scelta del libro giusto. Non c'è una regola precisa per capire quale sia il libro giusto da leggere, l'importante è darsi la possibilità di scelta, perché, se il primo passo da fare è quello di iniziare a leggere, il secondo fondamentale è quello di scegliere bene.
I buoni libri migliorano la vita, ci fanno crescere e cambiano le nostre prospettive. Non bisogna mai sottovalutare la loro potenza con la consapevolezza che una vita senza lettura è più povera.
La mia sarebbe stata sicuramente anche più triste.
#Libriamo
Nella settimana successiva al 25 aprile vorrei "librare" con voi la storia poco nota di uomini con la U maiuscola, persone integerrime e dal grande coraggio, senso della libertà e coerenza. Non parliamo di combattenti sulle montagne o di racconti partigiani. La festa della
liberazione è passata tra dolorosi ricordi, antifascismo militante,
quello di facciata, molta retorica e revisionismo. Chi di solito critica
e non "festeggia" il giorno della liberazione dovrebbe ricordarsi che comunque anche la sua libertà di dire no è stata conquistata proprio grazie alla resistenza.
Il #libriamo di oggi è per tutti quelli che oggi possono opporsi e dire di no, grazie anche alla testimonianza di dignità e di
coerenza di una parte d'Italia che non si è mai piegata al
conformismo fascista di quel tempo ma ha saputo dire proprio di no.
Autore: Giorgio Boatti
Titolo: Preferirei di no
2010ET Saggi
pp. 340
€ 13,00
ISBN 9788806201616
Questo libro è sospeso a un'azzurra leggerezza. Quasi che testimonianza di libertà dispiegata, con un solo gesto, dai dodici uomini che stanno per prendere posto in queste pagine li sottragga, in quache modo e per sempre, alla servile grevezza del mondo che li circonda...
Il saggio di Giorgio Boatti diventato anche spettacolo teatrale a cura di Riccardo Mini, ci presenta la storia di dodici uomini, intellettuali, professori che dissero di no al duce.
In quel tempo il regime e la figura di Mussolini erano in piena ascesa, con il dittatore diventato ormai modello anche per un furher in erba come Hitler e accolto tra camicie nere urlanti e folle oceaniche nelle piazze.
Le opposizioni invece erano sempre più silenziate e il controllo sulla società diventava più stringente.
Mussolini si rendeva conto che per forgiare il popolo a immagine del fascismo e acquisire valore doveva colpire il mondo culturale e universitario.
Per questo il regime fascista nell'ottobre del 1931 emanò la legge n. 1227 che obbligava tutti i professori universitari a pronunciare giuramento al regime.
Su 1238 ordinari, solo dodici professori universitari decisero di rifiutare e di dire no al regime.
Grandi personalità che seppero prendere una decisione dallegravi conseguenze e che portò alla perdita della cattedra e della libertà.
Decisero di percorrere la strada della dignità che forse in Italia è un percorso scelto da pochi per lo più morti da soli.
Boatti nel suo saggio ci racconta della storia di Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi Della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzatto i cui nomi si stagliano nella memoria del nostro Paese.
I dodici non accettarono di piegare il loro intelletto all'adulazione del regime e di pronunciare quelle parole.
Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante ed adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concilii con i doveri del mio ufficio.
Oltre milleduecento docenti giurarono, loro dissero di no.
Il saggio di Boatti restituisce alla storia la dignità di quei dodici nomi fuori da ogni impersonale aneddotica. Ogni capitolo ci racconta la storia di questi personaggi, la loro vita, il travaglio di una decisione difficile non nel contenuto ma nel contesto e per le conseguenze a cui porterà.
Tra questi voglio soffermarmi sul grande storico Gaetano De Sanctis che sollecitato dal ministro scrive:
Credo di avere in tutta la mia vita di insegnante dimostrato il massimo ossequio alle leggi, ai regolamenti e in generale alla disciplina accademica. Mi duole quindi doverLe dichiarare che in questa occasione non posso ottemperare al Suo invito. Mi sarebbe infatti impossibile prestare un giuramento che vincoli o menomi in qualsiasi modo la mia libertà interiore, la quale io credo mio dovere strettissimo di studioso e di cristiano rivendicare, di fronte alle autorità statali, piena e assoluta.
A ogni singolo personaggio si dovrebbe dedicare molto più spazio.
Non si parla di militanti o di politici di professione ma di vite e personalità differenti per origini ed estrazione culturale ognuno con la propria specificità e però unito nella convinzione che la dignità viene prima di tutto.
La storia dei dodici che dissero no al fascismo è un po la storia di quello che manca ora in Itali o di quelle vittime eccellenti che decisero di opporsi alle ingiustizie e alle malefatte del nostro Paese.
È la storia di chi non si è piegato al coro dei "chi te lo ha fatto fare" o dei "meglio farsi gli affari propri".
Il saggio di Boatti rimette alla luce la dignità e la libertà di uomini che con la spina dorsale dritta dovrebbe essere la colonna portante del la memoria del Paese e non una storia dimenticata lasciata in soffitta tra polvere di malaffare, autoritarismo e corruzione.
Ecco la potenza di un buon libro, se scelto bene, riesce a ispirarti quel coraggio capace di farti sentire forte e non solo in lotta con i mulini al vento.
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