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mercoledì 26 novembre 2014
La MalItalia delle periferie, tra abbandono, razzismo, ignoranza e disinformazione
Ci siamo lasciati con l'indifferenza e la rabbia per la violenza sugli ultimi e ritorno dopo una colpevole e lunga assenza con lo stesso problema.
Questa volta non è indifferenza, ma rabbia.
Rabbia e frustrazione per la propria condizione.
Ci si sente soli e accerchiati nei momenti di crisi. Questi stati d'animo si accendono ancora di più in periferia. Luoghi suburbani dove si sopravvive in ambienti dormitorio, bui e angusti del tutto abbandonati.
In questi contesti degradati e degradanti che umiliano la dignità di chi ci vive, si concetizza la grande contraddizione della moderna metropoli occidentale.
Succede a tutte le latitudini: nelle vere metropoli del mondo occidentale e nello specifico in Europa a Parigi e a Londra e nelle città italiane che di metropoli hanno ben poco come Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo. In questi contesti è facile esondare oltre il livello del quieto vivere o dormire.
Quartieri ghetto in cui sono compresse tante difficoltà e contraddizioni che prima o poi sono destinate a esplodere.
Nelle crisi e nello sconforto è facile scatenare la più classica delle guerre tra poveri.
In questi casi si cavalca l'onda della protesta contro l'obiettivo più facile da colpire e il più classico: quello degli stranieri.
Il caso di Tor sapienza è solo l'ultimo dei tanti precedenti.
La questione di Tor Sapienza è molto complessa ed è troppo superficiale sintetizzarlo o come il caso di "quattro ignoranti e razzisti" o quello dello slogan "fuori gli stranieri dall'Italia, i quaranta euro dateli a noi!". Oltre che stupido è anche un grosso torto alla propria intelligenza.
Più che chaos stranieri o invasione dell'Italia il nostro Paese sta vivendo un vero e proprio chaos amministrativo in cui si coltiva confusione, incompetenza e malessere che scatena questa insofferenza.
Come Tor Sapienza altri esempi di periferia strozzata sono pronti a esplodere.
Come si è arrivati a tutto questo?
Una spiegazione può essere trovata nella solita tendenza politica dell'Italia nel considerare la gestione amministrativa degli enti locali come secondaria rispetto a quella dello stato centrale.
È noto che i maggiori sacrifici dal punto di vista economico vengano chiesti da sempre agli enti locali, con i tagli di quelle tasse parte importante del bilancio.
Oltre le perdite economiche c'è il grande deficit dirigenziale che ha il nostro Paese.
La classe politica e il personale amministrativo che ci ritroviamo sono lo specchio dell'Italia.
I principi cardine sono: completa assenza di qualsivoglia senso di responsabilità; assenza del carattere di sacralità della funzione pubblica. Corruzione e nepotismo senza alcuna professionalità.
Si richiama spesso a esempi stranieri.
Bisognerebbe prenderne davvero uno efficace come quello della scuola dell'amministrazione in stile École nationale d'administration francese, capace di formare una classe dirigente di reale alto livello con un accesso giusto e equo alla funzione pubblica, fondato esclusivamente sul merito. Via i concorsi inutili.
Ma l'Italia è il Paese della corruzione e anche questo modello naufragherebbe. Figuarsi se poi le scuole di formazione pubbliche varrebbero a qualcosa, in questa scientifica strategia di distruggere del tutto l'istruzione pubblica.
Politica demagogica e fatta di slogan, questo ci meritiamo.
Politici inutili cavalcano l'onda del disagio, dell'odio scatenato, della malaorganizzazione per i loro fini. La disinformazione è il loro cavallo di battaglia.
Disorganizzano, confondono e istigano nelle periferie ghetto dormitorio, incubatrici dell'odio pronto da usare e strumentalizzare.
Bisognerebbe fuggire da questo progetto urbanistico e fare un passo indietro dal punto di vista urbanistico.
La grande città ha fallito il suo compito sociologico, amministrativo e politico.
Il ritorno ai piccoli agglomerati urbani non significherebbe un ritorno al medioevo ma soltanto a una migliroe gestione degli spazi a misura d'uomo.
Creare un Paese più vivibile meno dormitorio.
L'ennesima utopia.
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