La risposta di Pugdemont all'ultimatum di Rajoy è sostanzialmente una non risposta che si risolve in un contro ultimatum che appare irricevibile. sempre più probabile l'articolo 155 che pone grandi interrogativi sul futuro dell'indipendenza Catalana
La dichiarazione di indipendenza più breve della storia. Un’indipendenza di pochi minuti che ha illuso il popolo catalano, o almeno quelli desiderosi dell'indipendenza, che una svolta storica stesse avvenendo.In realtà la situazione è tanto più incerta e confusa che mai, dopo dichiarazioni incerte conseguenza di un referendum farlocco, se con il termine si vuole intendere che quel referendum non avesse alcun valore, come di poco valore è stata la campagna mediatica strumentalizzata e dichiarazioni che hanno fatto più danni che altro. La conseguenza è essere arrivati allo scontro.
Dalle ultime indiscrezioni fornite da El Confidencial, il presidente regionale Carles Puigdemont nelle prossime non chiarirà la questione posta da Rajoy in merito all'aver o meno dichiarato l'indipendenza, ma anzi, porrà una sorta di "controultimatum" di due mesi al primo ministro spagnolo, in cui sempre secondo le fonti di El Confidencial vorrebbe chiedere un confronto da pari a pari con Madrid per la risoluzione del conflitto aggiungendo come condizioni essenziali il ritiro degli oltre 12.000 agenti delle forze speciali, oltre alla sospensione delle accuse mosse nei confronti del capo dei Mossos d'Esquadra Josep Lluís Trapero. Richieste che appaiono ai più improponibili.
Puigdemont quindi ha messo in campo la forzatura definitiva dopo le numerose di questa settimana insieme ai ministri che hanno firmato il documento d’indipendenza con cui esprimevano quella che per loro era la “volontà del popolo”, in riferimento a quel novanta per cento dei votanti che in quel referendum farlocco hanno scelto il sì. Nessuna autorità per indire un referendum, nessuna autorità per proclamare l’indipendenza e nessuna autorità per invitare gli stati e le organizzazioni straniere a “riconoscere la repubblica catalana come uno stato indipendente e sovrano”.
Dalle ultime indiscrezioni fornite da El Confidencial, il presidente regionale Carles Puigdemont nelle prossime non chiarirà la questione posta da Rajoy in merito all'aver o meno dichiarato l'indipendenza, ma anzi, porrà una sorta di "controultimatum" di due mesi al primo ministro spagnolo, in cui sempre secondo le fonti di El Confidencial vorrebbe chiedere un confronto da pari a pari con Madrid per la risoluzione del conflitto aggiungendo come condizioni essenziali il ritiro degli oltre 12.000 agenti delle forze speciali, oltre alla sospensione delle accuse mosse nei confronti del capo dei Mossos d'Esquadra Josep Lluís Trapero. Richieste che appaiono ai più improponibili.
Puigdemont quindi ha messo in campo la forzatura definitiva dopo le numerose di questa settimana insieme ai ministri che hanno firmato il documento d’indipendenza con cui esprimevano quella che per loro era la “volontà del popolo”, in riferimento a quel novanta per cento dei votanti che in quel referendum farlocco hanno scelto il sì. Nessuna autorità per indire un referendum, nessuna autorità per proclamare l’indipendenza e nessuna autorità per invitare gli stati e le organizzazioni straniere a “riconoscere la repubblica catalana come uno stato indipendente e sovrano”.
Con la scadenza dell’ultimatum di Rajoy, il presidente catalano non ha né confermato la decisione indipendentista e nemmeno avallato un dialogo con l'autorità centrale madrilena, viste le richiesta. Appare una furba mossa politica per forzare la mano a Madrid. Ora ci si chiede se sarà inevitabile il ricorso all’articolo 155 e alla destituzione dell’autonomia catalana con la conseguente presa del controllo da parte del governo di Madrid.
Quali saranno ora le intenzioni di Puigdemont? Vincerà la saggezza e si avvierà un dialogo accantonando le mire indipendentiste? Oppure si darà fuoco alle polveri e si scatenerà una lotta contro il potere centrale in nome della Catalogna libera?
Le politiche del muro contro muro, si sa, non hanno mai portato da nessuna parte e purtroppo i due esponenti che si contrappongono sembrano essere esperti in questo. Il governo di Madrid ha infatti una grossa responsabilità in questo caos, a causa dell’inflessibile opposizione e l’annullamento delle concessioni di maggiore autonomia che il precedente governo aveva dato alla Catalogna. Madrid ha dato fuoco alla frustrazione degli indipendentisti catalani, che sebbene non avessero il sostegno della maggioranza per il loro progetto indipendentista, hanno approfittato del momento per parlare alla pancia delle persone. Perché ricordiamocelo che i numeri sono da qualche anno contro il processo di indipendenza. Non parlo dei numeri del referendum farlocco che si è tenuto in un’atmosfera di terrore e che quindi ha un significato alquanto relativo in termini di partecipazione. Un riferimento più efficace è quello delle ultime elezioni in Catalogna dove i due partiti che sono ora al governo della Generalitat ottennero la maggioranza dei seggi, ma solo il 47,8% dei voti. Quindi non si capisce in base a quale maggioranza della popolazione catalana parli Puigdemont, che solo sospendendo gli effetti della dichiarazione d’indipendenza per alcune settimane, al fine di permettere ulteriori negoziati col governo di Madrid può superare questa scomoda verità.
A chi conviene una Catalogna senza Spagna?
Perché una Catalogna senza Spagna sarebbe un autogol per tutta la regione, che dovrebbe vivere questo periodo con la consapevolezza che gli altri Stati europei, senza il consenso della Spagna non riconosceranno mai le mire indipendentiste catalane, non per amore dell’unità spagnola, ma per una egoistica paura di alimentare i propri movimenti separatisti interni. Una regione con buona parte dell’economia basata sugli scambi con il mercato europeo in finanza, beni e servizi, conoscerebbe una veloce recessione e una rapida fuga delle aziende.
I catalani hanno pensato bene alle conseguenze di una vera indipendenza catalana?
Ciò che è certo è che il governo spagnolo non negozierà sulla base dei risultati del referendum farlocco, non ammetterà alcun tipo di discussione sull'indipendenza e se riterrà irrisolvibile il confronto attiverà quasi certamente l’articolo 155 della costituzione, sospendendo l’autonomia della Catalogna e prendendo direttamente le redini della regione.
Quali conseguenze?
Madrid scioglierebbe la Generalitat e dovrebbe prendere in carico la gestione con due alternative sostanziali: o affidarsi a un governo tecnico di diretta emanazione statale o formando un governo di transizione politica con tutti i partiti rappresentanti la Generalitat che dovrebbe traghettare in 3-6 mesi la Generalitat verso nuove elezioni
Una decisione che Rajoy vorrebbe evitare soprattutto perché porterebbe a un vero e proprio scontro non consigliabile in quanto, con la forza non si fa altro che accentuare quelle divisioni che le violenze del 1 ottobre hanno già aperto e che un’ulteriore dimostrazione di forza liberticida, non potrà altro che rischiare di trasformare in violenze nei confronti dell’“occupazione spagnola”.
Tre guerre civili negli ultimi 180 anni penso che possano bastare.
L'ora che dialoghi davvero non è mai tarda.
Nessun commento:
Posta un commento