mercoledì 10 agosto 2016

Quello di cui è meglio non scrivere

Ci sono mondi che restano invisibili, su cui non si scrive perché disturbano. Realtà che passano tra un titolo e l'altro, un filmato di qualche minuto e un servizio di poco conto, perché infastidiscono e non fanno bene al clima vacanziero.

Ci sono mondi distanti, così distanti che non hanno nulla a che fare con i chilometri e le distanze reali. Sono così distanti da essere così invisibili pure se vicinissimi a noi.

Il clima torrido dell'estate non consiglia di affrontarli, per non perdere attenzione, per non perdere allegria, perché non serve a nulla ora che la strumentalizzazione è in vacanza.

L'Olimpiade delle favelas

 

C'è un Brasile oltre il Brasile olimpico che affonda ogni giorno tra povertà, corruzione e favelas. Un Paese che vive tante differenze e divisioni, che con la crescita economica sono ormai spaccature. Un Paese che non si vede e che non è mostrato durante questi giorni. Le favelas di Rio de Janeiro, come le banlieue parigine, sono un crogiuolo di povertà, focolai pericolosi dove mancava solo l'infiltrazione dell'Isis per accendere ancora di più quelle tradizionali terre di nessuno, da sempre territorio di narcos. Si parla di BrasIslam con più di sessanta poliziotti uccisi in favela prima delle Olimpiadi e con ogni giorno morti ammazzati e desaparecidos. Un Paese in guerra urbana con la polizia che uccide in media sei persone.
Una statistica citata da Paolo Manzo su Panorama è impressionante:
Negli ultimi tre anni con 172mila omicidi il Brasile ha superato tutti i morti ammazzati di 12 paesi come Iraq, Sudan, Afghanistan, Colombia, Congo, Sri Lanka, India, Somalia, Nepal, Kashmir, Pakistan ed Israele, dove i conflitti sono "di casa", senza contare che tra le cinquanta città più violente al mondo 21 sono verde-oro.
A governare una delle città più grandi al mondo è come sempre la droga, con i narcos che la fanno da padrone nelle favelas, abitate da oltre quattro milioni persone costretti a vivere  senza fognature, in ostaggio di uno stato assente o complice delle gang. Un'enorme bacino di manovalanza in cui i  giovani crescono tra malattie come la sifilide, tubercolosi, Aids, tifo e lebbra e dove, chiunque per un pezzo di crack può essere disposto anche a uccidere.

Quella delle favelas è la Rio che i turisti non vedranno, una città in cui i "meninos de rua" (i bambini di strada delle baraccopoli) sono spariti da Copacabana e chissà dove sono finiti.


Se la situazione in Brasile oscilla tra il drammatico e il paradossale, in Siria si fa peggio.

Siria strage infinita

 


Aleppo è sotto assedio da tempo e i due milioni di abitanti che abitano la città nel Nord della Siria sono prigionieri di una situazione che sta precipitando e sta diventando una catastrofe umanitaria. Le  Nazioni Unite hanno chiesto alle parti una tregua umanitaria e chiedono l'accesso immediato alla città per soccorrere i civili. Sono due settimane senza sosta in cui i combattimenti tra ribelli dell'opposizione e le forze del regime dividono la città. Due milioni di persone in città vivono nella paura di rimanere sotto assedio, paura dovuta alle strategie di assedio dei gruppi in lotta, che nel momento in cui occupano arterie di comunicazione impediscono l'accesso di rifornimenti ai civili che restano intrappolati
Da una nota dell'Onu si legge una forte accusa a tutte le parti in causa.

Quando vengono utilizzate per privare intenzionalmente persone di cibo e altri beni essenziali per la loro sopravvivenza, le tattiche di assedio costituiscono un crimine di guerra
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, circa tremila soldati e miliziani sono stati schierati da Assad e dall’organizzazione sciita libanese Hezbollah per dare il via a una reazione e riconquistare le posizioni perse negli ultimi giorni in città.
Dalla fine di luglio ad Aleppo sono morti almeno 130 civili, la rete idrica e diversi ospedali sono stati gravemente danneggiati dai bombardamenti ed è stata anche interrotta la strada usata dalle Nazioni Unite per portare aiuti umanitari ai residenti che si trovano nella parte occidentale della città,  provocando l’isolamento dei civili.
In Siria si sopravvive, si combatte contro Assad, si combatte contro i ribelli, si combatte contro Daesh, si combatte contro tutto e contro niente. Si cerca di sopravvivere.

Yemen in silenzio 

 

L'interesse occidentale nella regione araba si misura con il rumore dei media sulla guerra in Yemen, Paese un tempo culla della cultura pre islamica, con la raffinatacapitale Sana’a, da Mille e una notte. Oggi è teatro di uno scontro da cui non si vede luce, dopo che con le primavere arabe, migliaia di giovani erano scesi in strada per chiedere democrazia e diritti. A quelle proteste laiche e progressiste  fece seguito il tentativo di colpo di Stato dei ribelli Houthi, sciiti sostenuti dall’Iran, e la conseguente dura risposta militare dell’instabile governo sunnita di Abd Rabbo Mansour Hadi, sostenuto attivamente dall'Arabia Saudita che ha voluto mantenere il controlo del Paese iniziando una dura guerra. Lo Yemen occupa una posizione geograficamente strategica in quanto dallo stretto di Bab el Mandeb, collegamento strategico tra mar Mediterraneo e Oceano Indiano, transitano la maggior parte delle petroliere dal Golfo Persico. Importante per l'Arabia Saudita e per gli Stati Uniti che riforniscono Riyad con miliardi di dollari in armamenti, così come l'Italia come riporta la Rete Italiana per il Disarmo.
In Yemen si combatte una guerra invisibile sul sangue dei dei civili yemeniti ,nella lotta tra  gruppi sunniti e sciiti e che va inquadrato nel quadro di annosi conflitti tribali per il controllo del territorio, che negli ultimi anni sono riesplosi anche a causa del ruolo di potenze come Arabia Saudita, Iran, Qatar e Emirati, dopo trentatre anni di potere del generale Sales che era riuscito a tenere l'ordine. La situazione è drammatica, con la città di Aden terreno minato, sottoposta ad attacchi dell’Isis e di gruppi legati ad Al Qaeda. Le cifre sono spaventose con settemila morti e undicimila feriti, una devastante guerra che sta producendo miseria, carestie, fame e immensi danni al patrimonio culturale yemenita con incalcolabili danni al patrimonio archeologico.

Tante realtà di cui non si parla o che sono fatte di omissioni tra uno spazio e l'altro, perché è meglio non urtare la suscettibilità che informare su qualcosa che è bene tenere sotto silenzio.

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