La dedica della settimana
Il ritorno alla normalità dicono.
Un sabato di settembre piovoso accoglie il ritorno della dedica della settimana n.18.
Non volevo tornare.
Non doveva tornare così, quello della tragedia umanitaria dei flussi migratori, in fuga dalla Siria, dalla povertà o alla ricerca di una vita migliore, non dovrebbe essere il problema di cui nessuno vorrebbe occuparsi. Poi c'è quell'immagine, quel bambino esanime con la faccia sulla sabbia, quella foto zittisce tutti. Anche me, anche questo blog.
La spiaggia di Kos è diventato il suo cimitero. Quella tratta è tra le più battute poer la fuga dalla Siria verso l'Europa. In quel luogo, meta di vacanze occidentali, su quella spiaggia, Aylan è morto. Si dice avesse tre anni e che sia morto con il fratellino Galip in fuga con la famiglia dalla Siria, da Kobane.
Quando li vediamo in massa ai nostri confini, su quei sudici barconi, sono delle cifre, diventano delle quote da spartirsi, dei migranti, degli immigrati, dei potenziali clandestini.
Quando arriva la morte e come in questo caso, c'è un fotografo pronto a riprenderla in maniera fortemente scenica, allora la situazione cambia e quel piccolo migrante, quel potenziale "mini-clandestino" diventa Aylan di 3 anni in fuga da Kobane.
Purtroppo in questa situazione drammatica, solo la morte fa acquistare la qualifica di persone a questi individui. Diventati un problema scomodo di cui non ci si vorrebbe occupare, mentre si costruiscono muri, si restringono i confini, si chiudono treni.
Ora vediamo una folla minacciosa che bussa ai nostri confini. Potenziale pericolo per il nostro stile di vita. Quando verrà a galla la prossima tragedia nascosta, ritorneranno ad acquisire sembianze umane.
Intanto, le immagini dei profughi siriani che attraversano l'Ungheria per arrivare al confine con l'Austria sono pugni nello stomaco.
Continuiamo a guardare inermi la tragedia umanitaria.
Non c'è bisogno di parole.
Almeno questa volta è meglio stare zitti.
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